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Cervello in ascolto: lo stretto legame tra udito e abilità cognitive

Cervello in ascolto: lo stretto legame tra udito e abilità cognitive

Per semplificazione il cervello viene suddiviso in aree, a ciascuna delle quali viene attribuita principalmente una funzione specifica, tuttavia le funzioni cognitive sono frutto di un network di connessione estremamente ramificato e soprattutto dinamico. Nel caso dell’udito, ad esempio, non ‘sentiamo’ solo con una parte di cervello, ma la stimolazione acustica accende e collega molte aree e reti neuronali.

Le ricerche nel corso degli anni hanno cercato di stabilire come sono processate le parole all’interno del cervello quando vengono udite, in altre parole si è cercato di capire come il cervello reagisce, si attiva, in risposta alle parole udite e il complesso legame fra udito, linguaggio e cognitività.

Nei pazienti con un calo uditivo (ipoacusia) intervengono dei cambiamenti nel cervello proprio a seguito della ridotta stimolazione sensoriale, ecco perché è importante conservare le funzioni uditive fisiologiche facendo prevenzione e riabilitazione acustica così da allontanare il deterioramento cognitivo e di molte forme di demenza.

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Esiste un legame bidirezionale fra udito e cervello.

Una sola e semplice parola attiva la corteccia uditiva e quest’ultima viene appunto ‘sentita’, ma attiva anche altre aree dove essa viene ‘compresa’ o collegata da un punto di vista semantico o cognitivo.

Indipendentemente dalla nostra preferenza tra una conoscenza e formazione dei concetti innata o derivante dall’esperienza, il dato principale è proprio questo: la capacità che la parola udita ha di attivare zone molto distinte e distanti, dipendente però dalla rete di conoscenze costruite.

La parola ‘top’ ad esempio accende sia le aree in cui si raggruppano parole riferite all’aspetto delle cose, sia quelle relative alle misure, sia quelle connesse ai luoghi, perché il significato del termine può modificarsi a seconda del contesto.

Anche la parola ‘mamma’ oltre ad attivare la corteccia uditiva accende un insieme di ricordi, sensazioni e collegamenti culturali che vanno ben oltre un’unica zona cerebrale, questo significa che uno stimolo uditivo non è solo tale, ma rimanda nel cervello innumerevoli altri significati ed è perciò un elemento con un impatto cognitivo nettamente maggiore rispetto a quello che si supponeva quando si credeva che potesse accendere soltanto la corteccia deputata all’elaborazione dei suoni.

Come lo stimolo uditivo accende e influenza la cognitività e l’organizzazione delle conoscenze, così i processi cognitivi influiscono sulla percezione del suono. Quindi il solo risultato dell’audiogramma, che misura la percezione di un tono puro a differenti frequenze , non basta per dare una diagnosi completa e adeguata sul paziente, è  necessario considerare l’intelligibilità del parlato nel rumore e nel silenzio, l’accettabilità del rumore, aspetti dell’elaborazione uditiva nel sistema nervoso centrale e aspetti della cognitività come la memoria di lavoro, ovvero la memoria episodica o quella a breve termine utilizzata per la programmazione di un compito o di un lavoro.

Il legame fra udito e cervello è talmente stretto da far sì che la capacità di comprendere il parlato in un ambiente rumoroso è influenzata soprattutto da aspetti cognitivi come l’elaborazione centrale, la cognitività o le esperienze di vita, solo all’ultimo posto viene influenzata dalle effettive capacità uditive.

Questo dimostra il legame molto stretto e bidirezionale fa udito e cervello: da un lato lo stimolo uditivo è importante perché attiva la corteccia cerebrale a tutto campo, dall’altro i processi cognitivi influenzano il ‘come’ si sente.

 
 
 
 
 
 
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